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29 January 2020 morning

2020 - First part-session Print sitting

Sitting video(s) 1 / 1

Opening of the sitting No. 5

Debate: The protection of freedom of religion or belief in the workplace

Ms Maria RIZZOTTI

Italy, EPP/CD

10:39:38

La libertà religiosa viene oggi declinata attraverso nuove formule giuridiche ricche di molteplici e, a volte, contrastanti contenuti. È frutto complessivo della civiltà, connaturato al diritto alla coscienza che eleva la cultura delle persone, e questo effetto è destinato a ripercuotersi non solo sullo stato, ma anche sui cittadini.Ognuno ha diritto all’espressione della propria personalità in pienezza, ma questo diritto deve essere contemperato con altre disposizioni in alcuni ambiti, come esempio quello del luogo di lavoro. E questo è un tasto scottante e ricco di polemiche. Nel contesto occidentale ci appare del tutto naturale che una persona possa esprimere la propria appartenenza religiosa, senza travalicare i limiti del rispetto della libertà altrui. Ma negli ultimi anni sempre più casi sono finiti anche di fronte alla Corte di Giustizia Europea. Serve una regolamentazione abbastanza precisa, che permetta alle persone di sapere cosa è lecito e cosa non è lecito fare, e che contemperi il diritto del lavoratore e del datore di lavoro.

L’articolo 9 della CEDU, sancisce il diritto all’esercizio della libertà religiosa, nonché il divieto di discriminazione sulla base dell’appartenenza religiosa, l'articolo 14. Questo è un principio inalienabile, è un vero diritto dell’uomo, ma bisogna vedere come poi nella prassi, che ne dice la giurisprudenza.Partiamo ad esempio dalla Cassazione francese che è stata tra le prime ad affrontare il tema, suscitando anche molte polemiche, e ha distinto il lavoro pubblico e privato. Secondo il giudice supremo, laddove il servizio svolto sia pubblico, rappresentando il lavoratore l’immagine della Repubblica laica, egli non deve indossare simboli religiosi che lo riconducano ad una certa fede. In questo caso, la limitazione è solo per conseguire l'obbiettivo legittimo e dove il mezzo è proporzionato, in ottemperanza alle norme antidiscriminatorie a livello europeo.

In una recentissima sentenza, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha sostenuto che le aziende europee possono proibire ai dipendenti di indossare simboli religiosi, politici e filosofici. Il caso parte da due donne, una francese e una belga, che volevano usare il velo islamico sul luogo di lavoro. Secondo la sentenza il divieto di indossare il velo, nel contesto di lavoro, non costituisce discriminazione. Ha stabilito comunque il quadro entro il quale il divieto di portare il velo non è discriminazione, quindi è necessario che questa norma derivi da una regola interna dell’impresa privata, e che obblighi a non indossare in modo visibile nessun segno politico, religioso, filosofico. Non si tratta quindi di una discriminazione nei confronti di una religione ma di uno status aziendale di neutralità.Laddove la legittimità dell’obbiettivo e la proporzionalità vengano meno, la decisione può risultare discriminatoria, e come tale è vietata. Ricordo il caso della sentenza importante che la Corte di Giustizia ha dato sulla compagnia della British Airways dove una hostess indossava una piccola croce. La Corte giudicò il licenziamento inammissibile e sproporzionato, in quanto la compagnia permetteva al personale musulmano di portare il velo e al personale Sikh di portare il turbante.Grazie.

Vote: The protection of freedom of religion or belief in the workplace

Address by Mr Igor DODON, President of the Republic of Moldova

Questions to Mr Igor DODON, President of the Republic of Moldova

Closing of the sitting No. 5 at 13:05

Next sitting at 15:30