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30 January 2020 afternoon

2020 - First part-session Print sitting

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Opening of the session No. 8

Current affairs debate: Recent developments in Libya and in the Middle East: what consequences for Europe?

Mr Piero FASSINO

Italy, SOC

15:41:07

Grazie, signor Presidente.

La delegazione italiana ha chiesto questo dibattito d’urgenza, perché il Mediterraneo e il Medio Oriente sono investiti da eventi particolarmente importanti. Certo, come qualcuno ha obiettato, il Mediterraneo e il Medio Oriente non appartengono allo spazio del Consiglio d’Europa, ma nessuno può ignorare che tutto quel che accade alle porte di casa, e il Mediterraneo è alle porte di casa, ci riguarda e produce dinamiche che ci investono direttamente. Basterebbe pensare ai flussi di profughi e migranti che fuggendo dai conflitti del Medio Oriente e del Mediterraneo cercano sicurezza in Europa.

Peraltro in passato la nostra Assemblea si è occupata dell’area approvando numerose risoluzioni e raccomandazioni. E infine, ricordo che nella nostra assemblea siedono rappresentanti del Marocco, della Giordania, della Palestina, di Israele. E che la Commissione Politica ha una Sottocommissione per il Medio Oriente e il mondo arabo che è in questo momento riunita e credo che il presidente Mr Andreas NICK non è qui perché sta presiedendo ancora la Sottocommissione.

Ai confini dell’Europa sta uno scenario di instabilità e conflitti dal Golfo Persico a Gibilterra e da Tripoli a Nairobi.

Afghanistan, Yemen, Siria, Somalia, Libia sono devastate da sanguinose guerre civili. Altri paesi – Libano, Algeria, Sudan – vivono in un precario equilibrio tra autocrazie da decenni al potere e vasti movimenti civili che rivendicano riforme.

È riesploso il conflitto tra Stati Uniti e Iran, e dopo il raid di Baghdad le autorità di Teheran hanno annunciato l’intenzione di riprendere i programmi nucleari. Lo scontro tra sciiti e sunniti investe l’intera regione, destabilizza l’Iraq, vede Iran e Arabia Saudita a capo di fronti contrapposti.

Turchia, Arabia Saudita, Qatar ed Egitto, su fronti opposti, sono parte della crisi libica, sempre più una guerra per procura.

Le relazioni israelo-palestinesi sono bloccate da anni e le proposte avanzate due giorni fa dal Presidente Trump hanno per ora suscitato reazioni non incoraggianti.

Non solo, ma la presenza di cellule della Jihad e dell’ISIS in Somalia, Mali, Burkina Faso, Niger e nell’Africa subsahariana indicano che l’incendio si propaga a sud investendo il continente africano.

E ciascuno di quei conflitti e di quelle crisi produce gravissime violazioni di diritti civili e umani. E questo è un tema che investe la responsabilità del Consiglio d’Europa. Sono centinaia di migliaia le persone costrette alla fuga dai territori di guerra, le donne subiscono ogni forma di abusi e di violenze sino alla riduzione in schiavitù, come è accaduto alle donne yazide. Migliaia di bambini crescono tra le bombe e i combattimenti, i prigionieri vengono sottoposti a torture ed esecuzioni sommarie. I migranti sono rinchiusi in campi di detenzione che l’UNHCR delle Nazioni Unite giudica incivili, e là dove si verificano manifestazioni – come in Iran o in Algeria – le forze di polizia ricorrono a misure repressive, arresti e processi spesso senza garanzie per gli imputati.

Tutto questo richiede di agire.

Bisogna agire per fermare la spirale di violenza in Libia, abbandonando l’illusione di una soluzione militare e perseguendo una soluzione politica, negoziata e condivisa tra le parti. È dunque bene che si sia giunti a una tregua formalizzata a Berlino, che adesso va consolidata.

Un analogo sforzo va condotto per pacificare il Medio Oriente, a partire dalla guerra civile siriana, da cui si può uscire accelerando la conclusione dei colloqui di Ginevra. Così come per il conflitto israelo-palestinese va perseguita una soluzione condivisa tra le parti. Ed è urgente sostenere la stabilizzazione dell’Iraq e convincere le autorità iraniane a riprendere l’applicazione degli accordi sul nucleare.

Ma conseguire questi obiettivi significa che la comunità internazionale deve superare l’illusione di ogni stato di poter agire da solo.

Di fronte a ogni crisi la comunità internazionale dichiara che la soluzione non può essere militare, può essere solo politica. Ma se osserviamo quel che accade davvero, dobbiamo constatare che le soluzioni politiche languono, mentre avanzano le soluzioni militari. E questo avviene perché la comunità internazionale è paralizzata dalle sue divisioni. Le opposte posizioni di Russia e Stati Uniti impediscono ogni decisione del Consiglio di Sicurezza. Lo scontro tra sciiti e sunniti divide il mondo arabo. Lo si vede anche in Europa dove la crisi libica e siriana sono la testimonianza della irrilevanza a si condanna un'Europa che non sia capace di parlare con una sola voce e di agire con una sola mano. 

Insomma la condizione per ogni soluzione politica è che la comunità internazionale abbia strategie unitarie, condivise e sostenute da tutti i paesi.

Per tutte queste ragioni credo che anche il Consiglio d’Europa debba concorrere con la sua iniziativa a sostenere processi di pacificazione e stabilizzazione, con un impegno particolare naturalmente sulle materie di nostra competenza, e cioè sulla tutela dei diritti umani e civili, chiedendo ai 47 Paesi del Consiglio d’Europa di mettere in campo politiche che evitino una catastrofe umanitaria. Corridoi umanitari per l’accoglienza dei profughi, accoglienza dei bambini per sottrarli alle sofferenze di guerra, ne abbiamo discusso questa mattina, accoglienza e assistenza alle donne che hanno subito ogni forma di abuso e di umiliazione, politiche migratorie legali per stroncare il mercato nero di migranti, monitoraggio delle condizioni di detenzione per contrastare torture e sofferenze. Sono tutti punti con contenuti in risoluzioni e raccomandazioni approvate dall'Assemblea del Consiglio d'Europa discutendo in particolare dei temi migratori.

Insomma, quelle crisi ci riguardano perché sono vicini a noi, ed è illusorio credere di poterne stare lontano. E invece abbiamo il dovere di concorrere, per le competenze e le responsabilità che il Consiglio d'Europa ha, a cercare delle soluzioni. E io credo quindi che sia stato giusto indire questo dibattito, anche se la partecipazione scarsa è certamente un elemento che dovrebbe preoccuparci vista la drammaticità degli eventi di cui stiamo discutendo. E in ogni caso penso che questa discussione debba avere un seguito.

Il seguito che io propongo, è che si vada ad un rapporto sui conflitti che scuotono Mediterraneo e Medio Oriente e le conseguenze che producono sul piano dei diritti civili e umani. Mi auguro che il bureau dell'assemblea e la commissione politica condividano questa mia proposta.

Ringrazio il Presidente, ringrazio tutti voi dell'attenzione.

Joint Debate: Concerted action against human trafficking and the smuggling of migrants

Vote: Concerted action against human trafficking and the smuggling of migrants / Missing refugee and migrant children in Europe

Debate: The progress of the Assembly's monitoring procedure (January-December 2019)

Vote: The progress of the Assembly's monitoring procedure (January-December 2019)

Next sitting at 10am

Closing of the sitting No. 8 à 19h50