Grazie presidente,
mi soffermerò in particolare sull'analisi di alcune delle priorità che ci siamo dati seguendo il vertice di Reykjavík e poi ovviamente ponendo questa relazione sul bilancio della nostra assemblea parlamentare. Ovviamente non possiamo non unirci al sostegno totale per la lotta del popolo ucraino di fronte all'invasione russa, lo dico soprattutto per noi, per noi che siamo qui in Consiglio d'Europa. Questo consiglio nasce proprio dopo la Seconda Guerra Mondiale per evitare che totalitarismi e dittature portino il mondo sull'orlo del baratro, ed è per questo che la difesa dell'Ucraina per noi è ancora più importante, come senso della nostra organizzazione, come senso simbolico dell'esistenza del Consiglio d'Europa.
È la testimonianza della nostra ragione di esistere, è il motivo per cui siamo qui, è la ragione per cui siamo ancora qui. Lo ha anche detto e sottolineato la nostra Presidente del Consiglio, la Presidente del Consiglio italiano quando è intervenuta Reykjavik, dicendo: "il popolo ucraino con la sua eroica reazione all'invasione non sta difendendo solamente la sua patria, sta difendendo i valori fondanti dell'identità Europea, la libertà, la democrazia, la giustizia, l'uguaglianza tra gli uomini. Se l'Ucraina fosse capitolata noi vivremmo un mondo nel quale alla forza del diritto si sostituisce il diritto del più forte. Ecco perché su questo noi non possiamo fare un passo indietro.
Così come è giusto perseguire altri due obiettivi che sono stati raccontati precedentemente, quelli della sostenibilità e quelli della modernizzazione digitale. C'è un tema però in particolare anche che volevo sottolineare che ce lo ha ricordato anche poco fa la presidente della Repubblica slovena, e che è quella della lotta alla discriminazione contro la violenza sulle donne. Una pratica e un crimine odioso su cui bisogna mobilitarsi assiduamente, su cui ovviamente anche la nostra organizzazione deve dire la sua.
I femminicidi, cioè gli omicidi fatti dagli uomini nei confronti delle donne sono in costante aumento e devono obbligare gli stati nazionali ad intervenire con legislazioni ad hoc, ma anche con adeguati programmi di carattere educativo e di carattere sociale.
C'è un ulteriore pratica però, che si sta sempre più manifestando e che questa assemblea dovrebbe in qualche modo segnalare come una delle più importanti violazioni dei diritti umani. È quella dell'utero in affitto o della maternità surrogata, è il mercimonio terribile che sfrutta il corpo femminile, che umilia le donne, soprattutto quelle più povere, soprattutto quelle delle aree più a sud del mondo o quelle che sono nelle aree sottosviluppate, che rappresenta una vera lesione alla dignità femminile.
Ecco tutte queste sono iniziative importanti e che devono essere portate avanti. C'è un tema però, che non esiste la possibilità di fare politica e di stare in democrazia senza i partiti ed è quindi anche importante che se vogliamo fare queste cose, se vogliamo darci obiettivi così importanti i gruppi politici all'interno di questo Consiglio Europeo devono essere sostenuti, finanziati e messi nella possibilità di poter lavorare davvero.
Grazie.
Grazie Presidente,
ogni discussione sui temi dell'immigrazione non può non partire dal dramma che è accaduto nell'Egeo pochi giorni fa. E bene abbiamo fatto ad iniziare questa discussione ricordando le tante morti con un minuto di silenzio. Un dramma enorme che segue tante altre morti nel mar Mediterraneo a cui non potremmo mai rassegnarci né abituarci.
Sono tutte morti che però ci spingono anche a riflettere sulle azioni che noi abbiamo fin qui intrapreso e se quello che abbiamo fatto lo abbiamo fatto bene e sono azioni meritorie. Vedendo le relazioni che ci sono state presentate, ringrazio i relatori per il loro lavoro svolto, si fa riferimento anche a precedenti risoluzioni fatte qui al Consiglio d'Europa, per esempio quella del 2017 e si fa riferimento a quanto l'immigrazione sia un'opportunità per lo sviluppo anche delle nostre società. E l'importanza quindi dell'integrazione delle persone che arrivano nelle nostre nazioni.
Certo che l'integrazione è un aspetto fondamentale attraverso il quale diventa anche uno strumento per poter vivere tutti quanti meglio e far vivere meglio le persone che arrivano. E dobbiamo fare ogni sforzo possibile perché questa integrazione sia reale.
Io vorrei però sottolineare anche un altro aspetto, cioè che in questi nostri lavori, in queste nostre azioni noi non analizziamo mai però quanto la ricchezza che noi abbiamo nelle nostre società, attraverso l'immigrazione, continui ad essere un elemento invece di povertà e di impoverimento del continente africano e degli altri paesi da cui partono massicci flussi migratori. Non possiamo rassegnarci anche qui alla fuga perenne da quei paesi, al continuo sradicamento, ai viaggi della speranza che spesso come abbiamo visto si trasformano in disperazione soprattutto nel Mediterraneo.
Esiste un diritto che viene prima di ogni altro, è il diritto a non dover emigrare e a poter vivere e a realizzarsi nel proprio paese di origine. L'emigrazione non deve essere mai una necessità, può essere una scelta. E allora penso che il Consiglio d'Europa debba anche prevedere, incoraggiare, incalzare gli stati nazionali e l'intera Unione Europea per favorire piani di Cooperazione veri, reali, massicci, per aiutare il continente africano e gli altri paesi in via di sviluppo realmente.
Perché per esempio non ci facciamo promotori come Consiglio d'Europa di una grande conferenza internazionale sulle cause dell'immigrazione, sulla situazione che spinge tante persone ad abbandonare i propri stati e quali sono le soluzioni per poter evitare questo.
Potrebbe essere un'occasione per ridare centralità al nostro Consiglio d'Europa ed avere una sua presenza anche sullo scenario internazionale. Altrimenti rimarrà solo l'utopia di poter accogliere tutti, tutti quanti. Non solo i rifugiati, non solo i richiedenti asilo, non solo coloro i quali hanno necessità di protezione internazionale secondo la convenzione delle Nazioni Unite e dell'Unione Europea, ma tutti tutti. Tutti coloro che cercano una vita scevra di povertà e di stenti e che si ritrovano nelle nostre società senza che le nostre società siano in grado di garantire servizi, diritti, possibilità e che spesso fanno finire queste persone in mano alla criminalità e allo sfruttamento quando, peggio ancora, non li dobbiamo piangere in fondo al mare.